I migliori film di Jean Carmet

La vita cambia per un violinista gentile e distratto (Richard) il giorno in cui esce con le scarpe spaiate: indicato come una spia internazionale, è sottoposto a una stretta sorveglianza. L'intrigo spionistico decolla un po' lentamente, ma con l'entrata in scena di Richard le trovate comiche si susseguono a ritmo veloce. Seguito da Il grande biondo (1974).

Il giovane Etienne è arrivato in una cittadina mineraria del Nord della Francia. L'uomo trova lavoro, al posto di un minatore morto in un incidente, nella squadra di Maheu, padre di cinque figli. E proprio con una figlia di questi comincia ad amoreggiare, ma poi lei lo lascia per un altro. Intanto lo scontento fra i minatori cresce e sfocia in uno sciopero. Grande produzione francese tratta da un celebre romanzo di Emile Zola. Il risultato però è schematico e deludente. Gérard Depardieu (nel ruolo di Maheu) si salva esclusivamente per doti proprie, ma non basta, da solo, a salvare il film.

Angariato da una moglie autoritaria e inflessibile che lo obbliga a lavorare come una bestia nei campi, Alexandre, si sente finalmente libero quando la dolce metà perisce in un incidente automobilistico. E decide di passare il resto della vita a letto, nell'assoluta inoperosità. Adesso chi gli procura il cibo ) Gaspare, un cane di intelligenza superiore , che ogni giorno fa la spola tra il negozio di alimentari e il giaciglio del padrone. In questo modo, però, i campi vanno in rovina suscitando la rabbia di Stanghetta, gran lavoratore.

Charles, un vecchio delinquente appena uscito di prigione, rifiuta la proposta della moglie di ritirarsi a una vita più tranquilla. Prepara un piano per svaligiare il casinò di Cannes. Gli fa da spalla un giovane scippatore anch'egli uscito di prigione. Il colpo, preparato con precisione cronometrica, riesce alla perfezione. Più difficile la fuga, resa impossibile da una serie di circostanze.

Un rapinatore appena uscito di prigione è coinvolto nell'assalto a una banca. Come ostaggio però. Ma vallo a spiegare alla polizia. Braccato dagli sbirri, l'uomo finisce per solidarizzare col vero rapinatore, un poveraccio, risoltosi a rubare per necessità, ma buono come il pane. E s'affeziona anche alla figlioletta di lui che l'ha subito eletto a suo secondo papà.

Ambientato nella Parigi di Luigi Filippo, il film narra le vicende di un gruppo di persone sullo sfondo del Boulevard du Temple, all'epoca sede di moltissimi teatri (tra cui quello dei Funambules, citato nel film) e piuttosto malfamato, tanto da essere conosciuto con il nome di Boulevard du crime. Al centro della trama è Garance, un'attrice contesa tra quattro ammiratori, con ciascuno dei quali intreccia una relazione: il bandito-gentiluomo Lacenaire, il celebre attore classico Fréderic Lemaître, il ricchissimo conte di Montray, e il mimo Baptiste Debureau. Garance, dopo aver superato alcune vicissitudini con la giustizia, che la costringeranno ad abbandonare temporaneamente Parigi, reincontra il mimo, che nel frattempo ha sposato una sua collega di spettacolo, e corona il suo sogno trascorrendo con lui una notte d'amore. Vengono però scoperti dalla moglie di Baptiste e sono costretti a lasciarsi proprio il giorno dei festeggiamenti per il carnevale.

Alfredo non ne fa una giusta. Disperato si butta nella Senna. Conosce Agata che lo fa lavorare per la TV. I guai continuano. Guidando sé stesso in un film che satireggia la TV, Richard ha sfornato un'operina piena.

Cialtrone al soldo di un industriale tesse trama sordidamente erotica ai danni di una donna onesta, per provare la sua indegnità allo scopo di farla divorziare dal figlio dell'industriale: la posta in gioco è il bimbo dei due coniugi. Chabrol ha qui abbassato la sua media con un giallo diseguale e farraginoso. Intelligente nei particolari e nell'acutezza descrittiva, ma le concessioni al melodramma e al macchiettismo pesano. Ne risentono anche gli attori. Da un romanzo di Charlotte Armstrong.